Trovavo questa campagna per il voto postale agli studenti Erasmus un poco, anzi molto, sopra le righe nei giorni scorsi, e ora, dopo che il governo ha detto no, non capisco l’ insistenza ripetuta.
Tutta la mia simpatia per gli erasmiani (io mi sono laureato quando il programma era agli albori, credo, non ho partecipato e non so se avrei potuto, ma la mia compagna lo ha fatto a Berlino, studiando un sacco di… italiano), ma il governo ieri precisava giustamente che all’estero c’è diversa gente che studia fuori dall’ambito del programma Ue, e che non sarebbe giusto che questi altri fossero esclusi. E siccome i tempi sono stretti, non si può rimediare.
A mia memoria, è la prima volta che si fa tutta sta caciara per gli Erasmus. O almeno è la prima volta che la protesta finisce in questo modo sui media (forse per l’importanza che hanno assunto i social media). Con l’inevitabile ricaduta di demagogia che straoborda dai tweet di politici che se la prendono con Monti e i tecnici.
Non vorrei sottovalutare l’importanza della questione. Però mi sa che il problema sta proprio nella sostanziale assenza di una cosa civilissima, cioè il voto per corrispondenza. I governanti italiani, peraltro con demagogia bipartisan, hanno preferito varare questa assurdità del voto degli italiani all’estero, inventandosi tanto di assurdi collegi continentali, invece di garantire un efficiente sistema di voto postale (o via web).
Ecco, come giustamente diceva la nota del governo ieri sera, sarebbe il caso che la prossima (prossima? mah), riforma elettorale si occupi pure di questo.
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